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lunedì 27 gennaio 2014

Le quote di legittima

 In diritto con il termine successione legittima (Lat. Successio ab intestato) si fa riferimento alla successione che ha luogo quando il defunto (o de cuius) non abbia provveduto a redigere testamento, ovvero, pur avendo redatto il testamento, questo è nullo o annullato ovvero dispone solo per una parte dei beni ovvero solo legati.
La legge stabilisce che l'eredità si devolve:
  • al coniuge,
  • ai discendenti legittimi o naturali,
  • agli ascendenti legittimi,
  • ai collaterali,
  • agli altri parenti entro il sesto grado,
  • e infine allo Stato.
Quote della divisione1 sono diverse a seconda delle persone che sopravvivono al de cuius.
  1. discendenti ma non il coniuge: l'eredità è divisa in parti uguali tra i figli. Se un figlio è premorto e ha a sua volta figli, questi ereditano la parte che gli sarebbe toccata dividendola tra loro sempre in parti eguali, in base al diritto di rappresentazione (Cod. Civ. artt. 467-469). Questo stabilisce che i figli (e, per applicazione ricorsiva dello stesso diritto, tutti i discendenti) subentrano al genitore che non può (per morte o esclusione per indegnità) o non vuole (per rinunzia) succedere. In pratica, tra tutti i discendenti ha luogo una divisione per stirpi, che si contrappone a quellaper linee e per capi che vedremo dopo. Per esempio, se il de cuius ha un figlio vivente e tre nipoti da un figlio premorto, il figlio vivente avrà metà dell'eredità e i nipoti un sesto ciascuno. Non si distingue tra figli naturali, legittimi e legittimati; i figli adottivi ereditano dagli adottanti ma non dai parenti di questi ultimi.
  2. discendenti e coniuge: al coniuge tocca metà dell'eredità se concorre con un solo figlio, un terzo se i figli sono due o più. La divisione tra i figli avviene come nel caso precedente, e vale sempre il diritto di rappresentazione (per i figli, non per il coniuge). Per esempio, se il de cuius lascia il coniuge, due figli (o figlie) e due nipoti da un figlio premorto, al coniuge tocca un terzo, ai figli superstiti due noni ciascuno (un terzo di due terzi) e ai nipoti un nono ciascuno (metà di un terzo di due terzi).
  3. coniuge, ma non discendenti, ascendenti o collaterali: al coniuge va l'intera eredità.
  4. coniuge, ascendenti e/o collaterali, ma non discendenti: al coniuge vanno i due terzi, agli ascendenti e/o collaterali un terzo(art. 582 c.c.). Vedi sotto per la divisione tra questi ultimi.
  5. ascendenti e/o collaterali, ma non il coniuge e discendenti: l'intera eredità è divisa tra ascendenti e/o collaterali. La divisione tra ascendenti e collaterali segue queste regole: in generale, fratelli, sorelle e genitori superstiti ereditano in parti uguali (divisione per capi), ma ai genitori o anche a uno solo tocca almeno metà dell'eredità. Anche per i discendenti dei fratelli e sorelle vale il diritto di rappresentazione. Per esempio, due genitori e un fratello dividono l'eredità in tre parti uguali; un genitore e un fratello in due parti uguali; due genitori e due fratelli in quattro parti uguali; un genitore e due fratelli: metà al genitore, un quarto ai fratelli; due genitori e tre fratelli: un quarto ciascuno ai genitori, un sesto ciascuno ai fratelli. Al posto dei fratelli premorti subentrano i nipoti o loro discendenti (non per capi ma per stirpi nella parte che sarebbe toccata al fratello). Se per morte o rinuncia non ci sono i genitori ma i nonni o altri ascendenti, a loro tocca la parte che sarebbe toccata a un solo genitore (per cui se i nonni concorrono con un solo fratello, a quest'ultimo tocca metà dell'eredità, mentre se concorresse con i due genitori avrebbe solo un terzo). Un solo genitore vivente che accetta l'eredità esclude anche i nonni dell'altra linea (vale cioè il criterio generale che il grado prossimo esclude il più remoto). La divisione si fa tra ascendenti dello stesso grado, e per linee (metà alla linea materna e metà a quella paterna, risalendo ricorsivamente l'albero genealogico): per esempio, se ci sono un nonno paterno e due nonni materni, al primo tocca quanto agli altri messi insieme. Le stesse regole valgono per dividere la quota di un terzo che a genitori e/o ascendenti spetta in presenza del coniuge: in questo caso la quota minima degli ascendenti è un quarto, e quindi quella dei collaterali in presenza di ascendenti si riduce a un dodicesimo complessivamente. I fratelli unilaterali (cioè di padre o madre diversi) hanno la metà deifratelli germani. Per esempio, se il de cuius lascia il padre, la nonna materna, un fratello unilaterale, un fratello germano e due nipoti da un altro fratello germano premorto, il padre avrà metà dell'eredità, la nonna materna nulla, il fratello germano un quinto, il fratello unilaterale un decimo, i due nipoti un decimo ciascuno.
  6. altri parenti fino al sesto grado: qui vale la regola generale per cui i parenti di grado prossimo escludono quelli di grado più remoto, e non vale il diritto di rappresentazione. Pertanto, per esempio, i nipoti e anche i pronipoti (che per rappresentazione sono di secondo grado, anche se sarebbero di terzo o quarto) escludono gli zii (che sono di terzo); i cugini (che NON subentrano agli zii perché non vale la rappresentazione) sono esclusi dagli zii. Tra i parenti di pari grado la divisione si fa per capi senza divisione per linee: per esempio, se ci sono due zii materni e tre paterni, ognuno avrà un quinto dell'eredità. In pratica l'ordine di precedenza è il seguente:
  • prima gli zii (terzo grado);
  • poi i (primi) cugini e i prozii (quarto grado);
  • poi i figli dei cugini, i cugini dei genitori (cugini in seconda) e i fratelli dei bisnonni (quinto grado);
  • infine i nipoti abiatici dei cugini, i nipoti abiatici dei prozii (ovvero i secondi cugini), i cugini dei nonni e i fratelli dei bisnonni.dall'eredità legittima.
  • Se nessuno di questi parenti è vivente e non esiste un testamento, l'eredità è devoluta allo Stato. Si noti che gli affini sono sempre esclusi, sia i diretti (genero, nuora, suoceri) sia gli indiretti (cognati ecc.).
Il principio è valido, anche se incontra un importante limite nella disciplina della c.d. Successione necessaria, cioè nelle regole poste a tutela dei c.d. Legittimari.
I legittimari sono i soggetti ai quali spetta il diritto di ricevere una quota minima del patrimonio ereditario, denominata quota “di riserva” o “di legittima”. Si tratta dei soggetti legati dai rapporti familiari più stretti con il de cuius: il coniuge, i figli (e i loro discendenti, in mancanza dei figli), gli ascendenti (nel caso in cui non vi siano figli né altri discendenti).
In primo luogo, quando si parla di successione “necessaria”, non si afferma che il testatore non possa violarne le regole. Il testamento scritto da chi, pur avendo coniuge e figli, decidesse di destinare il suo intero patrimonio ad una fondazione, sarebbe pienamente valido ed efficace. Lo stesso vale per il testamento che, nella stessa ipotesi, contemplasse quale destinatario di disposizioni patrimoniali solo il coniuge, escludendo totalmente i figli (o viceversa).
Il testamento lesivo dei diritti riservati ai legittimari è pienamente valdio ed efficace, ma può essere impugnato dagli stessi legittimari al fine di renderlo parzialmente inefficace nei loro confronti (nella misura necessaria a ricostituire le quote ereditarie loro riservate).I legit timari potrebbero però decidere di rispettare le volontà testamentarie non esercitando alcuna azione a propria tutela
In secondo luogo, le regole della successione necessaria sono costruite in modo tale da lasciare in qualunque caso una quota del patrimonio liberamente disponibile da parte del testatore.
La somma delle quote complessivamente reclamabili da parte dei legittimari non copre mai la totalità del patrimonio (al massimo raggiunge i tre quarti dello stesso).
Al contrario, le regole della successione “per legge” sono dettate per disciplinare la devoluzione dell’intero patrimonio (il legislatore vuole che tutti i rapporti esistenti in capo ad un soggetto si trasmettano ad altri).
La disciplina testamentaria può comprendere tutto il patrimonio o parte di esso. A ben vedere, nessuno è in grado di conoscere con esattezza la intera composizione del patrimonio al momento in cui si verificherà il suo decesso (poiché il patrimonio di chiunque è continuamente soggetto a variazioni: si pensi alla maturazione di interessi su un deposito bancario o su un proprio debito).
Un esempio conclusivo chiarirà i rapporti tra successione per legge, successione testamentaria e successione necessaria. Il testatore, coniugato e con due figli, scrive: “istituisco erede mio figlio Tizio nella quota di due terzi del patrimonio”. Abbiamo un testamento che non “copre” la totalità del patrimonio, quindi nel caso concreto la devoluzione testamentaria concorrerà (per quanto attiene alla parte di patrimonio non contemplata) con la devoluzione legale. L’esito dell’applicazione delle due regole di devoluzione potrebbe poi essere “corretto” alla luce della disciplina della successione necessaria, qualora i legittimari lesi decidessero di agire a propria tutela. Infatti la legge riserva al coniuge un quarto del patrimonio e ai figli complessivamente la quota di un mezzo. Pertanto, sia il coniuge che il figlio non contemplato, parzialmente soddisfatti grazie alla devoluzione legale, avrebbero diritto di agire “in riduzione” contro il figlio istituito erede per rendere parzialmente inefficace nei loro confronti il testamento.
L’esito finale, qualora essi agiscano vittoriosamente (il che dipende anche da altre circostanze, per esempio dal fatto che essi abbiano o meno ricevuto donazioni in vita da parte del testatore), dovrebbe essere questo: al coniuge andrà un quarto del patrimonio, al figlio non citato nel testamento un quarto del patrimonio; la disposizione testamentaria a favore dell’altro figlio si “ridurrà” quantitativamente, dalla quota di due terzi alla quota di un mezzo del patrimonio (di cui un quarto quale quota riservata, e un quarto quale quota disponibile).

1 (Vedi Codice Civile, Libro Secondo, Titolo II: Delle successioni legittime, artt. 565-586)


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