Con il termine "successione necessaria" si indica il
sistema di norme che regolano più che la successione di una
determinata categoria di soggetti, la tutela di un nucleo minimo che
il legislatore ha valutato dovere essere necessariamente riservata a
favore di determinati familiari, a limitazione della autonomia del
testatore.1
La natura della successione necessaria è particolarmente dibattuta
in dottrina. Secondo un primo orientamento si tratterebbe di un
tertium genus tra successione testamentaria e successione
legittima. Un secondo orientamento ha proposto la tesi per cui la
successione necessaria altro non sarebbe che un limite tanto per la
successione necessaria che per quella legittima, nell'interesse dei
prossimi congiunti del de cuius. Vi è poi una tesi intermedia
secondo cui la successione dei legittimari costituisce una species
del genus successione legittima, "potenziata" dal sistema
di tutele che ne garantiscono l'effettività.
Secondo la teoria che si ritiene preferibile, la successione
legittima e la successione necessaria devono considerarsi due specie
dello stesso genere, perché entrambe di matrice legale e con
l'obiettivo comune della tutela degli interessi della famiglia.
Sussiste tuttavia una sensibile differenza di carattere oggettivo:La
successione legittima ha per oggetto soltanto il relictum, mentre i
diritti riservati ai legittimari si calcolano aggiungendo al relictum
(sottratti i debiti e le passività) il donatum.
Mentre sotto la vigenza del vecchio codice si parlava solo di
limitazione della delazione testamentaria, nel testo attualmente
vigente tale limitazione non sembra più essere. Infatti, mentre
l'art.457, III comma, cod.civ. sembra rifarsi alla vecchia
impostazione stabilendo che "le disposizioni testamentarie
non possono pregiudicare i diritti che la legge riserva ai
legittimari", attualmente un preciso riferimento è
contenuto nell'art.553 cod.civ. che estende la possibilità della
lesione della legittima anche alla successione intestata.
Tale articolo pone un fondamentale principio: si stabilisce che
"quando sui beni lasciati dal defunto si apre in tutto o in
parte la successione legittima, nel concorso dei legittimari con
altri successibili, le porzioni che spetterebbero a questi ultimi si
riducono proporzionalmente nei limiti in cui è necessario per
integrare la quota riservata ai legittimari".
Si ritiene dunque ammissibile un concorso tra i due tipi di
successione e quando ciò si verifica si pone una regola di
salvaguardia degli interessi del legittimario: al verificarsi della
lesione, per effetto della chiamata dei successori legittimi, la
vocazione legale del legittimario nella quota di riserva non
avverrebbe automaticamente, ma soltanto previo esperimento vittorioso
dell'azione di riduzione. Il legittimario pretermesso, pertanto, non
potrebbe con la semplice accettazione diventare erede nella quota a
lui riservata dalla legge. In altre parole, una volta esperita la
riduzione dell'istituzione di erede lesiva della legittima, la
vocazione legale nella quota di riserva diventerebbe operante non già
in deroga, ma in applicazione del principio sancito dall'art.457, II
comma, cod. civ. appunto perché nei confronti del legittimario si è
creata una situazione equivalente alla mancanza in tutto o in parte
della successione testamentaria.2
All'atto pratico risulta tuttavia difficile ipotizzare un contrasto
tra gli esiti derivanti da norma giuridiche tale da rendere
indispensabile l'esperimento di un'azione giudiziaria: parrebbe più
sensato ipotizzare un automatico adeguamento delle disposizioni ab
intestato agli esiti applicativi delle regole proprie della
successione necessaria.
La quota del legittimario che faccia valere tale qualità, quindi, si
determina non nella misura minore che risulterebbe dall'applicazione
delle norme generali sul concorso nella successione intestata, bensì
nella misura maggiore risultante dal calcolo della quota di riserva.
Le norme sulla riserva ereditaria costituiscono un limite
all'applicazione delle regole generali sul riparto dell'eredità ab
intestato, sostituendosi a queste come fonte della disciplina del
concorso del legittimario con successibili non legittimari, mentre la
causa della vocazione ereditaria consiste pur sempre, anche per il
primo, nella mancanza della successione testamentaria. In altre
parole, il diritto ab intestato dei successibili non legittimari non
può essere compresso oltre la misura occorrente per integrare la
quota riservata ai legittimari. Scendendo dal piano dei principi a
quello delle applicazioni pratiche, un caso che sovente è venuto
all'attenzione degli interpreti è quello della coincidenza della
vocazione testamentaria col contenuto della successione necessaria.
In tale ipotesi si discute se si apra la successione testamentaria
oppure questa, in sostanza inutile, risulti assorbita dalla
successione legittima.
La questione è in gran parte simile a quella già esaminata in caso
di chiamata testamentaria in quote esattamente corrispondenti a
quelle previste per il caso di successione intestata, secondo un
richiamo che può avere, come visto, una rilevanza diversificata. La
stessa natura della riserva, come visto, si ritiene riconducibile
nell'ampio alveo della regolamentazione legale del fenomeno
successorio e come tale ne subisce le medesime conseguenze ed i
medesimi effetti.
L'unica particolarità è rappresentata dal fatto che mentre la
successione legittima si presenta come direttamente applicabile in
caso di mancanza, parziale o totale, di quella testamentaria, la
successione necessaria rappresenta un limite all'applicazione di
quest'ultima, come detto, e non è destinata ad avere una immediata
rilevanza, almeno fino al momento in cui il legittimario, esperendo
vittoriosamente l'azione di riduzione, non abbia titolo per
reclamarla.
Il rapporto tra successione legittima e successione testamentaria
rappresenta una delle questioni più dibattute in materia di diritto
successorio. Il sistema è costruito in modo da privilegiare in
maniera assoluta l'autonomia negoziale del de cuius, in modo da
consentirgli di disporre delle sue sostanze senza che la valutazione
legale possa, almeno in prima battuta, sovrapporvisi. La differenza
sostanziale tra i due titoli sta nel fatto che mentre nella
successione legittima la vocazione è astrattamente precostituita
dalla legge con riferimento a determinate categorie di successibili,
nella successione testamentaria invece il testamento è esso stesso
la fonte della vocazione, non avendo soltanto la funzione di
designarne i beneficiari.
In realtà, pur partendo dal dato rappresentato dall'argomento
letterale onde cui la successione legittima si apre e viene ad
operare soltanto in caso di mancanza (totale o parziale) di quella
testamentaria, approfondendo la questione ben si può rilevare come
il fenomeno successorio sia in gran parte dominato dalle regole
legali. Al testatore compete unicamente la libertà (neppure
assoluta, stante i principi della successione "necessaria")
di individuare i successori, in nessun caso le regole di trasmissione
del patrimonio e le modalità con cui la successione viene ad
operare.
La successione testamentaria non si presenta pertanto come negatrice
dell'applicazione della successione legittima, potendo coesistere con
essa. Ciò pur tenuto conto di un fondamentale limite: la vocazione
rimane in tal caso unica, non richiedendosi accettazioni distinte nè
essendo possibile esprimere una rinunzia riferibile ad uno dei titoli
della vocazione. La successione nell' universum ius è unica e come
tale non ammette che possa disciplinarsi in maniera difforme o che ne
sia consentita una accettazione parziale. La successione legittima
supplisce alla mancanza di una compiuta espressione di volontà da
parte del testatore, non cerca però di riprodurne i presumibili
contenuti, operando anche nei casi in cui una volontà non si sia mai
manifestata o non possa comunque manifestarsi. In questo senso
risulta infondata la prospettiva che, come visto, cerca di cogliere
l'essenza della successione legittima nell'espressione di una
presumibile volontà del testatore. Piuttosto essa va considerata
come la manifestazione di una esigenza di carattere sistematico, la
scelta di una destinazione al patrimonio relitto che ne assicuri
continuità. Il gruppo familiare rappresenta, da questo punto di
vista, la scelta fatta dall'ordinamento per tale fine, certamente
anche partendo dall'osservazione della normalità della trasmissione
della ricchezza nell'ambito familiare.3
1
Sulla successione necessaria in generale si vedano, tra le numerose
opere di carattere generale, Cannizzo,Successione
necessaria e successione legittima,
in Il diritto privato nella giurisprudenza a cura di Cendon, vol.
II, Torino, 2000;Nappa, La
successione necessaria,
Padova, 1999; Buccelli, I
legittimari,
Milano, 2002.
3E'
stato acutamente osservato che la qualifica di successione legittima
non ha un significato puramente negativo, come viceversa potrebbe
apparire da un approccio esclusivamente letterale alla norma. In
altre parole, il termine " successione
legittima "
non sarebbe solo indicativo del fatto che il titolo della vocazione
è formato da fatti diversi da una disposizione testamentaria, ma
avrebbe una precisa connotazione positiva.
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