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martedì 21 gennaio 2014

La successione necessaria, legittima e testamentaria.

 Con il termine "successione necessaria" si indica il sistema di norme che regolano più che la successione di una determinata categoria di soggetti, la tutela di un nucleo minimo che il legislatore ha valutato dovere essere necessariamente riservata a favore di determinati familiari, a limitazione della autonomia del testatore.1
La natura della successione necessaria è particolarmente dibattuta in dottrina. Secondo un primo orientamento si tratterebbe di un tertium genus tra successione testamentaria e successione legittima. Un secondo orientamento ha proposto la tesi per cui la successione necessaria altro non sarebbe che un limite tanto per la successione necessaria che per quella legittima, nell'interesse dei prossimi congiunti del de cuius. Vi è poi una tesi intermedia secondo cui la successione dei legittimari costituisce una species del genus successione legittima, "potenziata" dal sistema di tutele che ne garantiscono l'effettività.
Secondo la teoria che si ritiene preferibile, la successione legittima e la successione necessaria devono considerarsi due specie dello stesso genere, perché entrambe di matrice legale e con l'obiettivo comune della tutela degli interessi della famiglia. Sussiste tuttavia una sensibile differenza di carattere oggettivo:La successione legittima ha per oggetto soltanto il relictum, mentre i diritti riservati ai legittimari si calcolano aggiungendo al relictum (sottratti i debiti e le passività) il donatum.
Mentre sotto la vigenza del vecchio codice si parlava solo di limitazione della delazione testamentaria, nel testo attualmente vigente tale limitazione non sembra più essere. Infatti, mentre l'art.457, III comma, cod.civ. sembra rifarsi alla vecchia impostazione stabilendo che "le disposizioni testamentarie non possono pregiudicare i diritti che la legge riserva ai legittimari", attualmente un preciso riferimento è contenuto nell'art.553 cod.civ. che estende la possibilità della lesione della legittima anche alla successione intestata.
Tale articolo pone un fondamentale principio: si stabilisce che "quando sui beni lasciati dal defunto si apre in tutto o in parte la successione legittima, nel concorso dei legittimari con altri successibili, le porzioni che spetterebbero a questi ultimi si riducono proporzionalmente nei limiti in cui è necessario per integrare la quota riservata ai legittimari".
Si ritiene dunque ammissibile un concorso tra i due tipi di successione e quando ciò si verifica si pone una regola di salvaguardia degli interessi del legittimario: al verificarsi della lesione, per effetto della chiamata dei successori legittimi, la vocazione legale del legittimario nella quota di riserva non avverrebbe automaticamente, ma soltanto previo esperimento vittorioso dell'azione di riduzione. Il legittimario pretermesso, pertanto, non potrebbe con la semplice accettazione diventare erede nella quota a lui riservata dalla legge. In altre parole, una volta esperita la riduzione dell'istituzione di erede lesiva della legittima, la vocazione legale nella quota di riserva diventerebbe operante non già in deroga, ma in applicazione del principio sancito dall'art.457, II comma, cod. civ. appunto perché nei confronti del legittimario si è creata una situazione equivalente alla mancanza in tutto o in parte della successione testamentaria.2
All'atto pratico risulta tuttavia difficile ipotizzare un contrasto tra gli esiti derivanti da norma giuridiche tale da rendere indispensabile l'esperimento di un'azione giudiziaria: parrebbe più sensato ipotizzare un automatico adeguamento delle disposizioni ab intestato agli esiti applicativi delle regole proprie della successione necessaria.
La quota del legittimario che faccia valere tale qualità, quindi, si determina non nella misura minore che risulterebbe dall'applicazione delle norme generali sul concorso nella successione intestata, bensì nella misura maggiore risultante dal calcolo della quota di riserva. Le norme sulla riserva ereditaria costituiscono un limite all'applicazione delle regole generali sul riparto dell'eredità ab intestato, sostituendosi a queste come fonte della disciplina del concorso del legittimario con successibili non legittimari, mentre la causa della vocazione ereditaria consiste pur sempre, anche per il primo, nella mancanza della successione testamentaria. In altre parole, il diritto ab intestato dei successibili non legittimari non può essere compresso oltre la misura occorrente per integrare la quota riservata ai legittimari. Scendendo dal piano dei principi a quello delle applicazioni pratiche, un caso che sovente è venuto all'attenzione degli interpreti è quello della coincidenza della vocazione testamentaria col contenuto della successione necessaria.
In tale ipotesi si discute se si apra la successione testamentaria oppure questa, in sostanza inutile, risulti assorbita dalla successione legittima.
La questione è in gran parte simile a quella già esaminata in caso di chiamata testamentaria in quote esattamente corrispondenti a quelle previste per il caso di successione intestata, secondo un richiamo che può avere, come visto, una rilevanza diversificata. La stessa natura della riserva, come visto, si ritiene riconducibile nell'ampio alveo della regolamentazione legale del fenomeno successorio e come tale ne subisce le medesime conseguenze ed i medesimi effetti.
L'unica particolarità è rappresentata dal fatto che mentre la successione legittima si presenta come direttamente applicabile in caso di mancanza, parziale o totale, di quella testamentaria, la successione necessaria rappresenta un limite all'applicazione di quest'ultima, come detto, e non è destinata ad avere una immediata rilevanza, almeno fino al momento in cui il legittimario, esperendo vittoriosamente l'azione di riduzione, non abbia titolo per reclamarla.
Il rapporto tra successione legittima e successione testamentaria rappresenta una delle questioni più dibattute in materia di diritto successorio. Il sistema è costruito in modo da privilegiare in maniera assoluta l'autonomia negoziale del de cuius, in modo da consentirgli di disporre delle sue sostanze senza che la valutazione legale possa, almeno in prima battuta, sovrapporvisi. La differenza sostanziale tra i due titoli sta nel fatto che mentre nella successione legittima la vocazione è astrattamente precostituita dalla legge con riferimento a determinate categorie di successibili, nella successione testamentaria invece il testamento è esso stesso la fonte della vocazione, non avendo soltanto la funzione di designarne i beneficiari.
In realtà, pur partendo dal dato rappresentato dall'argomento letterale onde cui la successione legittima si apre e viene ad operare soltanto in caso di mancanza (totale o parziale) di quella testamentaria, approfondendo la questione ben si può rilevare come il fenomeno successorio sia in gran parte dominato dalle regole legali. Al testatore compete unicamente la libertà (neppure assoluta, stante i principi della successione "necessaria") di individuare i successori, in nessun caso le regole di trasmissione del patrimonio e le modalità con cui la successione viene ad operare.
La successione testamentaria non si presenta pertanto come negatrice dell'applicazione della successione legittima, potendo coesistere con essa. Ciò pur tenuto conto di un fondamentale limite: la vocazione rimane in tal caso unica, non richiedendosi accettazioni distinte nè essendo possibile esprimere una rinunzia riferibile ad uno dei titoli della vocazione. La successione nell' universum ius è unica e come tale non ammette che possa disciplinarsi in maniera difforme o che ne sia consentita una accettazione parziale. La successione legittima supplisce alla mancanza di una compiuta espressione di volontà da parte del testatore, non cerca però di riprodurne i presumibili contenuti, operando anche nei casi in cui una volontà non si sia mai manifestata o non possa comunque manifestarsi. In questo senso risulta infondata la prospettiva che, come visto, cerca di cogliere l'essenza della successione legittima nell'espressione di una presumibile volontà del testatore. Piuttosto essa va considerata come la manifestazione di una esigenza di carattere sistematico, la scelta di una destinazione al patrimonio relitto che ne assicuri continuità. Il gruppo familiare rappresenta, da questo punto di vista, la scelta fatta dall'ordinamento per tale fine, certamente anche partendo dall'osservazione della normalità della trasmissione della ricchezza nell'ambito familiare.3

1 Sulla successione necessaria in generale si vedano, tra le numerose opere di carattere generale, Cannizzo,Successione necessaria e successione legittima, in Il diritto privato nella giurisprudenza a cura di Cendon, vol. II, Torino, 2000;Nappa, La successione necessaria, Padova, 1999; Buccelli, I legittimari, Milano, 2002.
2 Così Cannizzo, op.cit., p.142
3E' stato acutamente osservato che la qualifica di successione legittima non ha un significato puramente negativo, come viceversa potrebbe apparire da un approccio esclusivamente letterale alla norma. In altre parole, il termine " successione legittima " non sarebbe solo indicativo del fatto che il titolo della vocazione è formato da fatti diversi da una disposizione testamentaria, ma avrebbe una precisa connotazione positiva.



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