Post più popolari

martedì 21 gennaio 2014

Il sistema successorio mortis causa: successione testamentaria e autonomia testamentaria.

 In tema di disposizioni testamentarie, la successione mortis causa può avvenire a titolo universale (attribuendo la qualità di erede) oppure a titolo particolare (attribuendo la qualità di legatario), a’ sensi dell’art. 588 Codice Civile. Naturalmente, disposizione testamentaria: lo strumento tecnico è quello della condizione risolutiva prevista dall’art. 638 codice civile. Del pari, è previsto che, in caso di inadempimento dell’onere, l’autorità giudiziaria possa pronunziare la risoluzione della disposizione testamentaria, se la risoluzione è stata prevista dal testatore oppure se l’adempimento dell’onere ha costituito il solo motivo determinante della disposizione (art. 648 cod. civ.).
Utile o opportuna è la designazione di un esecutore testamentario.
Non si può escludere la previsione di una disposizione di compromettere in arbitri. Fermo il forte dubbio sulla liceità dell’imposizione di un dato arbitro da parte del testatore e fermo che la disposizione non potrebbe gravare sui diritti dei legittimarî giusta la previsione dell’art. 549 cod. civ. (con la conseguenza che solo per la quota disponibile potranno essere tenuti al rispetto della previsione testamentaria), si può discutere se il potere di autonomia testamentaria sia idoneo a sottrarre alla giurisdizione ordinaria la soluzione della controversia che si lega alla successione per testamento a favore dell’arbitro.
Tecnicamente tale volontà del testatore potrebbe essere racchiusa in una condizione dell’istituzione testamentaria non illecita ex art. 634 cod. civ., che potrebbe addirittura essere vantaggiosa per i successori e comunque non pregiudizievole dei loro diritti. La qualificazione giuridica della previsione della soluzione arbitrale delle controversie successorie potrebbe qualificarsi in termini di legato di contratto oppure di modus. Come esattamente osservato, questa seconda qualificazione sarebbe da preferire, avendo a mente la funzione perseguita, ossia il perseguimento di un interesse del testatore: sullo sfondo rimane il dibattito se, accanto all’istituzione di erede e legato, possa riconoscersi un ulteriore meccanismo successorio, intendendo, in particolare, il modus non come elemento accidentale ed accessorio, ma autonomo.
Sul piano pratico la differenza tra erede e legato non è sempre chiara e netta, in quanto la definizione legislativa (l’art. 588 cod. civ.), usando il metodo meontologico, qualifica in negativo le disposizioni a titolo particolare come tutte le altre disposizioni che non siano quelle a titolo universale, ossia quelle che, qualunque sia l’espressione o la denominazione usata dal legislatore, non comprendono l’universalità o anche solo una quota dei beni del testatore.
È affermazione ricorrente che, mentre l’erede succede nell’universum ius, il legatario succede a titolo particolare in uno o più dati diritti reali o in uno o più rapporti determinati anche se rappresentino la parte cospicua del patrimonio ereditario invero tale ultima concezione deve essere
specificata, in quanto descrive solo una parte, sia pure normale, del fenomeno successorio del legatario).
Tuttavia, il capoverso dell’art. 588 cod. civ. specifica che l’indicazione di beni determinati o di un complesso di beni non esclude che la disposizione sia a titolo universale, quando risulta che il testatore ha inteso assegnare quei beni come quota del patrimonio. Si tratta di quella che viene usualmente chiamata institutio ex re certa: il testatore non determina direttamente la quota del beneficiario, ma questa è indirettamente determinabile in rapporto al valore dei singoli beni rispetto all’intero patrimonio ereditario; il testatore, avendo presente l’intero suo patrimonio, ha
assegnato singoli beni intendendoli come quota dell’intero, il che implica una vera e propria istituzione di erede.
Non si tratta di una contraddizione tra il comma 1 dell’art. 588 (che farebbe riferimento ad un criterio distintivo di natura meramente obiettiva, quale la totalità dei beni del testatore o una quota di essi, per quanto riguarda l’erede, e i rapporti determinati, per quanto riguarda il legatario) e il comma 2 del medesimo articolo (che introduce un elemento soggettivo, quale la volontà del testatore): anche l’institutio ex re certa costituisce una concreta modalità di attuare la vocazione a titolo universale, in quanto il testatore provvede a concretizzare la quota spettante all’erede con il riferimento ai beni determinati e quindi a realizzare una funzione di apporzionamento” dell’istituito. Il momento istitutivo e quello divisorio sono racchiusi nell’unica assegnazione, senza che l’apporzionamento venga disposto dopo una preventiva chiamata in quote astratte cui segue una disposizione in funzione meramente distributiva, diversamente che nell’istituto della divisione ereditaria.1
Consegue che la distinzione non risiede in criterî di natura obiettivocontenutistica, ma si fonda, in ultima analisi, sull’elemento soggettivo della volontà del testatore.
Si tenga presente che non è richiesto l’impiego di formule rigide per l’attribuzione formale del titolo di erede (ad esempio, le espressioni “nomino” o “istituisco erede …”), ben potendo il testatore esprimersi liberamente (ad esempio, “lascio i miei beni a ...”).
D’altra parte, l’utilizzo di certe espressioni non è vincolante per l’interprete, per cui il designato, pur chiamato “erede” dal testatore, può essere qualificato, invece, come legatario.
Occorre specificare che il concetto di universalità non deve essere inteso nel significato tradizionale, ossia come complesso di beni costituito in unità (la c.d. universitas), bensì come totalità del patrimonio del de cuius: così si ha contezza della ragione in forza della quale la caratteristica della figura di erede risiede nella universalità del titolo di acquisto, ossia di titolo astrattamente idoneo a far acquistare tutti i beni dei quali il testatore non abbia altrimenti disposto.
Nel legato manca tale capacità di estensione ad altri beni che non siano quelli concretamente indicati dal testatore.
In concreto, tuttavia, può rimanere il problema di distinguere se la disposizione testamentaria sia a titolo universale o a titolo particolare. Si pensi alla disposizione dell’unico bene del de cuius o del bene di rilevantissimo valore.
Come anticipato, il criterio distintivo è affidato, nella non vincolatività delle espressioni utilizzate dal testatore (art. 588 cod. civ.), all’interpretazione della volontà contenuta nel testamento. Il criterio fondamentale è solo la reale volontà del testatore2.
Ciò potrebbe risultare tautologico o privo di utilità pratica per l’interprete, in quanto non si abbia a riferimento la funzione propria delle disposizioni a titolo universale e a titolo particolare, funzione che deve guidare la ricerca della reale volontà del testatore.
Infatti, la differenza tra erede e legatario non è meramente quantitativa, ma più pregnante e riguarda la qualità e la natura stessa della disposizione. La differenza risiede nella diversità funzionale delle due disposizioni: come visto supra nel paragrafo 1, il subingresso di un erede al de cuius risponde primariamente (ma non solo) all’esigenza obiettiva di interesse generale che vi sia un soggetto che assicuri la sistemazione e la continuazione dei rapporti giuridici che non si sono estinti con la morte del titolare; al contrario, la previsione del subingresso del legatario in un diritto specificamente determinato assicura, di regola, il soddisfacimento non di un’esigenza obiettiva di interesse generale, ma il soddisfacimento di un’esigenza soggettiva del de cuius di attribuire un certo vantaggio con effetto post mortem ad un certo soggetto3.
Il legato svolge una funzione che non è quella di dare al defunto un successore alla sua posizione giuridica oggettivamente immutata, ma di favorire una persona o successione, un immobile al figlio, configurandosi disposizione di erede, non di legato, se lo stesso cespite sia parte rilevantissima dell'eredità, costituita anche da terreni (Corte d’App. Trento, 19 dicembre 1998, in Nuovo dir., 1999, 849).
La successione dell’erede risponde a necessità oggettive e di rilevanza generale che trascende gli interessi privati, ossia impedire la vacanza di titolarità di quei rapporti che non si estinguono con la morte del titolare, quindi garantire la certezza dei rapporti giuridici e la pace sociale. Nel legato sfuma questa dimensione pubblicistica che connota l’istituzione di erede, per lasciare spazio alla volontà del testatore e all’autonomia privata, di disporre dei proprî beni, di imporre obblighi e di costituire diritti in modo ampio.
Sul piano fenomenologico fa rispondenza a questa considerazione il fatto che l’istituzione ereditaria è caratterizzata dal subentro soggettivo in un patrimonio che rimane staticamente fermo; nel legato, invece, prevale il momento attributivo. Riprova né è il fatto che il legato può aver ad oggetto un bene altrui; che può essere meramente liberatorio; che il rapporto con il creditore ipotecario è assimilabile a quello dell’acquirente per atto tra vivi. Si pensi ancora alla differente ripartizione dei “pesi” tra legatario ed erede ai sensi dell’art. 668 cod. civ.: gli oneri inerenti il fondo rimangano a carico del primo, mentre i debiti rimangono in capo all’erede.
Se determinante è la volontà del testatore, la quaestio voluntatis non può risolversi nella ricerca dei cangianti ed innumerevoli moti interiori del disponente. Al contrario, sulla base del dato positivo e del coordinamento delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 588 cod. civ., l’elemento soggettivo si configura come intenzione (o almeno consapevolezza) di assegnare beni determinati come “quota” del patrimonio, ossia in un’ottica di “rapporto” tra una parte ed il tutto, di tal ché si risolve nel concepire la certa res come rappresentativa di una frazione dell’intero asse4.
Come esattamente osservato, “come in tutti gli atti di autonomia, anche nel testamento l’autore dell’atto ha di mira un risultato pratico, ed è la legge che collega atale volontà effetti giuridici corrispondenti”.
In punto di fatto, l’indagine sarà condotta sulla scorta non tanto del “valore” del patrimonio, ma della rappresentazione che di esso aveva il testatore, in vista dell’interesse ad assegnare i beni secondo criterî di opportunità (desunti dalla loro natura, destinazione, rapporto di parentela, convivenza, etc.), nonchè di conformità della disposizione agli effetti tipici della chiamata ereditaria rispetto alle passività. La volontà del testatore deve essere intesa come volontà di assegnare ad una certa persona una parte del proprio patrimonio che aveva idealmente diviso, considerandola quindi come uno dei suoi successori come tale obbligato al pagamento dei debiti ereditarî oppure come volontà di assegnare singoli beni (da ricevere dagli eredi) senza intenzione di imporre l’obbligo del pagamento dei debiti ereditarî, attribuendo un legato.



1 BALDISSERUTTO G. - BELLONI PERESUTTI G.P. – GIACOMELLI U. - MAGAGNA M. –
VINCENTI U.- ZANON U., op. cit., pag. 11-12.
32 AMADIO, op. cit., pag. 16; MENGONI L., La divisione testamentaria, Milano, 1950, pagg. 3 e ss.;TATARANO, op. cit., pag. 363-364, che rileva come i due istituti (divisione testamentaria ed institutio ex re certa) non coincidono, essendo diverso il procedimento attraverso cui si realizza il programma del testatore. Nella divisone il procedimento è deduttivo, in quanto il disponente prima enuncia le quote in astratto e poi le soddisfa in porzioni. Nell’institutio ex re certa il procedimento induttivo, poiché il testatore attribuisce beni determinati, che risultano all’interprete intesi come quota nella rappresentazione mentale del testatore. Senza considerare il profilo della vis espansiva in relazione ad eventuali beni non considerati dal testatore, come regolato dall’art. 734 comma 2 cod. civ., in forza del quale se nella divisione effettuata dal testatore non sono compresi tutti i beni lasciati al tempo della morte, è da ritenersi che gli stessi spettino all’erede legittimo ove non risulti una diversa volontà del testatore, in considerazione della funzione satisfattoria della res materiale assegnata. Nel caso di disposizione ex re certa, invero, la sorte dei beni non menzionati non è pacifica, ma è da ritenere che l’idea di quota porti con sé la necessaria vis espansiva. Amplius, BONILINI, Institutio cit., pagg. 239 e ss.].MESSINEO, op. cit., pag. 24 BONILINI, Concetto cit., pagg. 13-14. Se il lessico adoperato dal testatore non può ritenersi decisivo, un qualche spazio potrebbe, tuttavia, sussistere, ove si accerti la perfetta padronanza dei termini giuridici da parte del testatore: BONILINI G. – BASINI G.F., I legati, in Tratt. di dir. civ. del Consiglio Nazionale del Notariato, diretto da P. Perlingeri, v. VIII, t. 6, Napoli, 2003, pag. 27; GIORDANO – MONDELLO, voce Legato (dir. priv.), in Enc. Dir., XXIII, Milano, 1973, pag. 729; CARAMAZZA, op. cit., pagg. 25-26.
2 Nozioni cit., pag. 7; BALDISSERUTTO G. - BELLONI PERESUTTI G.P. – GIACOMELLI U. - MAGAGNA M. – VINCENTI U.- ZANON U., op. cit., pag. 12.
3 BONILINI, Nozioni cit., pag. 7; ID., Concetto cit., pag. 15; BARBERO, op. cit., pagg. 859-860;GIORDANO – MONDELLO, op. cit., pag. 722; TATARANO, op. cit., , pag. 3.

4 AMADIO, op. cit., pag. 22; TATARANO, op. cit., pag. 359-361, 362 e ss.]. In giurisprudenza, Cass. sez. II, 6 novembre 1986 n. 6516, in Giust. Civ. mass., 1986, f. 11. Cass. sez. II, 1 marzo 2002 n. 3016, in Giust. Civ. mass., 2002, 365, secondo cui in materia di distinzione tra erede e legatario, l'assegnazione di beni determinati deve interpretarsi, ai sensi dell'art. 588 c.c., come disposizione ereditaria (institutio ex re certa), qualora il testatore abbia inteso chiamare l'istituito nell'universalità dei beni o in una parte indeterminata di essi, considerata in funzione di quota del patrimonio relitto, mentre deve interpretarsi come legato, se abbia voluto attribuirgli singoli individuati beni. L'indagine diretta ad accertare se ricorra l'una o l'altra ipotesi, si risolve in un apprezzamento di fatto, riservato ai giudici del merito, ed è, quindi, incensurabile in sede di legittimità se conseguentemente motivato. 

Nessun commento:

Posta un commento