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sabato 1 febbraio 2014

Imposte di successione per i beni cultural & la presunzione del 10%

 Ai sensi del combinato disposto degli artt.12 e 13 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n.346, i beni culturali soggetti a vincolo non concorrono a formare l’attivo ereditario che costituisce (ex art.9 del medesimo D.Lgs. n.346/1990) la base imponibile del tributo successorio.
L’art.12, lett.g), infatti, esclude espressamente i beni culturali indicati al successivo articolo 13. Si tratta dei beni sottoposti al vincolo di cui alla legge 1° giugno 1939, n.1089 (ora sostituita dal D.Lgs 42/2004) previsto anteriormente all'apertura della successione e sono stati assolti i conseguenti obblighi di conservazione e protezione.
L'erede o legatario è così tenuto a presentare l'inventario dei beni vincolati che ritiene non debbano essere compresi nell'attivo ereditario, con la descrizione particolareggiata degli stessi e con ogni notizia idonea alla loro identificazione, al competente organo periferico del Ministero per i beni culturali e ambientali, il quale attesta per ogni singolo bene l'esistenza del vincolo e l'assolvimento degli obblighi di conservazione e protezione. L'attestazione deve essere presentata all'ufficio del registro in allegato alla dichiarazione della successione.
Contro il rifiuto dell'attestazione è ammesso ricorso al Ministro, il quale decide sentito il Consiglio nazionale per i beni culturali ed ambientali; la decisione di accoglimento del ricorso deve essere presentata in copia, entro trenta giorni dalla sua comunicazione, all'ufficio del registro competente, che provvede al rimborso dell'eventuale maggiore imposta pagata.
L'alienazione in tutto o in parte dei beni di cui al comma 1 prima che sia decorso un quinquennio dall'apertura della successione, la loro tentata esportazione non autorizzata, il mutamento di destinazione degli immobili non autorizzato e il mancato assolvimento degli obblighi prescritti per consentire l'esercizio del diritto di prelazione dello Stato determinano l'inclusione dei beni nell'attivo ereditario. L'amministrazione dei beni culturali e ambientali ne dà immediata comunicazione all'ufficio del registro competente; dalla data di ricevimento della comunicazione inizia a decorrere il termine di cui all'art.27, comma 3 o comma 4.
Nella fattispecie in commento il legislatore ha preferito rinunciare integralmente al proprio gettito.
Ciò è avvenuto in virtù di una valutazione di matrice puramente economica. Si è scelto, infatti, di non gravare di alcuna imposta coloro che, indipendentemente dalla propria volontà, hanno ricevuto un bene vincolato in successione o donazione. Per questi, infatti, a fronte della possibilità di godimento del patrimonio ricevuto, sia pur con i numerosi limiti individuati nel Codice dei beni culturali, si prospetta la necessità di interventi periodici ed obbligatori a tutela della conservazione dei beni. Per questo motivo, i benefici del godimento di un immobile vincolato vengo, nell’ottica del legislatore, sterilizzati dai costi imputabili alla gestione e manutenzione dell’immobile stesso. Detta valutazione vale, quindi, a giustificare l’introduzione della norma in rassegna, senza che questa possa destare dubbi in merito ad un suo eccessivo favor nei confronti di eredi e donatari.
In questo caso, infatti, la capacità contributiva manifestata dal destinatario viene profondamente ridimensionata dagli esborsi futuri richiesti.
Se nell'attivo ereditario sono compresi beni immobili culturali di cui all'art. 13, non sottoposti anteriormente all'apertura della successione al vincolo previsto nell'art. 2 della legge 1 giugno 1939, n.1089, l'imposta dovuta dall'erede o legatario al quale sono devoluti é ridotta dell'importo proporzionalmente corrispondente al 50% del loro valore.
L'erede o legatario deve presentare l'inventario dei beni per i quali ritiene spettante la riduzione, con la descrizione particolareggiata degli stessi e con ogni notizia idonea alla loro identificazione, al competente organo periferico del Ministero per i beni culturali e ambientali, il quale attesta per ogni singolo bene l'esistenza delle caratteristiche di cui alla legge 1 giugno 1939, n. 1089; l'attestazione deve essere allegata alla dichiarazione della successione. L'accertamento positivo delle caratteristiche di cui alla predetta legge comporta la sottoposizione dell'immobile al vincolo ivi previsto. Si applicano le disposizioni dell'art. 13, commi 3, 4 e 5.
Per quanto interessa in questa sede, l'articolo 9 del Tus, dopo aver precisato che l'attivo ereditario è costituito da tutti i beni e i diritti che formano oggetto della successione, esclusi quelli specificamente esentati dall'imposta, dispone che denaro, gioielli e mobilia si presumono compresi nell'attivo ereditario "per un importo pari al dieci per cento del valore globale netto imponibile dell'asse ereditario anche se non dichiarati o dichiarati per un importo minore".
Inoltre, la norma prevede che tale presunzione non si applica qualora l'esistenza di detti beni risulti, per un importo diverso (dal 10% dell'asse), da inventario analitico redatto a norma dell'articolo 769 e seguenti del Codice di procedura civile.
Pertanto, in mancanza di un inventario, è necessario appurare in quale modo va calcolata la percentuale del 10%, posto che nel caso in esame il contribuente ha comunque inserito in dichiarazione una parte dei beni oggetto della presunzione.
In tale particolare situazione, la Cassazione, partendo dal tenore letterale della disposizione ("si considerano compresi"), sottolinea la circostanza che la medesima disposizione fa riferimento, ai fini dell'applicazione del 10%, a quei beni non dichiarati e non a quelli già inseriti in dichiarazione anche in assenza di inventario.
D'altro canto, una differente lettura della norma porterebbe a una disparità di trattamento (e al pagamento di una maggiore imposta evidentemente non voluta dal legislatore) dei soggetti che dichiarano parte del denaro, gioielli e mobilia rispetto a chi non dichiara affatto i predetti beni, accettando passivamente l'applicazione della presunzione del 10 per cento.
Pertanto, la Cassazione1 afferma che, in tale ipotesi, il 10% andrà calcolato sui beni facenti parte dell'attivo ereditario al netto del denaro, gioielli e mobilia già dichiarati.
Sulle modalità applicative di cui all'articolo 9 del Tus, si ricorda che l'Amministrazione finanziaria è intervenuta con la risoluzione 212/1995. In tale documento di prassi, viene evidenziato che la presunzione in argomento è di tipo relativo e che, per quanto riguarda la redazione dell'inventario, è necessario soltanto che il predetto documento abbia tutti i requisiti sostanziali e formali richiesti dal Codice civile e dal Codice di procedura civile e che, pertanto, non occorrerà che la redazione dello stesso sia preceduta dall'apposizione di sigilli. E' necessario, cioè, che l'inventario sia compilato con l'osservanza delle norme prescritte dall'articolo 775 Cpc e che contenga la esatta descrizione di tutti i mobili di appartenenza del de cuius.

1Sentenza del 25/02/2008 n. 4751 Corte di Cassazione

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